La trasparenza è il must have che dovrebbe accompagnare tutte le attività digitali di un brand e l’attività degli influencer non ne è esclusa.
La tendenza è quella di portare chiarezza sulla forza dirompente di blog, vlog e la diffusione di video e foto da parte di personaggi capaci di spostare le scelte di comportamento e di acquisto dei propri follower. L’Autorità Antitrust stessa con la lettera Moral Suasion ha sollevato la stringente necessità di regolamentazione di tale pratica pubblicitaria.
Tutti i contenuti pubblicati da influencer con scopo commerciale dovrebbero contenere hastag quali #avertising, #pubblicità, #sponsorizzato, #inserzioneapagamento, #prodottofornitoda e il tag del brand.
È proprio necessario?
Crediamo di sì, dato che, un’indagine condotta da Twitter, riferisce che il 40% degli utenti afferma di aver comprato un prodotto o un servizio dopo averlo visto usare e promuovere da un influencer. Ecco quindi che l’influnecer può avere un peso più alto rispetto ad altre azioni digitali e dovrebbe dichiarare l’origine della sua azione.
Quelli che potremmo definire i protagonisti di un passaparola 2.0 hanno l’interesse dicostruire un web chiaro e pulito, dove i post spontanei di promozione verso un brand sono una cosa, gli spot remunerati un’altra.
Contribuendo così a rafforzare i legami di fiducia tra influencer, consumatori e brand.