Il programmatic è una vera e propria boccata di ossigeno per gli editori, che da un lato vedono in crisi la stampa, soprattutto periodica, e dall’altro un mercato digital sempre più fagocitato dai big four (Google, Facebook, Amazon e Microsoft). Un sistema nato inizialmente per migliorare le performance degli spazi pubblicitari presenti sulle testate digitali, ma che si sta evolvendo verso una modalità di pianificazione ad elevata performance per gli investitori.
Le nuove tecnologie contrastano l’ad fraud, ovvero i click fasulli, che vengono ridotti a meno dell’1%, rispetto a circa l’8% dello standard.
Altro tema caldo è la questione viewability, ovvero essere certi che le impression pagate siano viste effettivamente dal target. I dati del settore indicano che generalmente oltre il 50% degli annunci display pagati non vengono effettivamente visualizzati. Il programmatic si sta aggiornando inserendo sistemi in grado di certificare l’effettiva visione e permanenza sui banner da parte degli utenti.
La scommessa è quindi l’adeguamento agli standard che da tempo sono imposti sul mercato digital adv dai big, molta più trasparenza, efficienza, crossmedialità e misurabilità che si traducono in un maggiore ritorno dell’investimento da parte degli advertiser, ma anche di un aumento della fiducia del mercato nei confronti degli editori.
Attendiamo ulteriori evoluzioni per il prossimo meeting, magari con maggiore profilazione del target utilizzando algoritmi di deep learning simili a quelli di Facebook, tutto a vantaggio di chi investe in pubblicità efficace e dai risultati misurabili.